“che l’amante non vi colga mai con i vasetti delle vostre creme. L’arte che che vi fa belle sia segreta”.
(Ovidio, Ars Amatoria III, 321-23)
Il prestigio del Vicus Tuscus nell'antica Roma
Il brand “Vicus Tuscus” prende il nome dalla strada che nella Roma Imperiale, era famosa per i cosmetici ed i profumi più ricercati che qui erano creati, sia per usi medici che cosmetici, dai profumieri etruschi. Cosmetico, deriva dal greco kosmetikòs: atto ad abbellire. Il Vicus Tuscus, vicino al Foro, oggi è Via San Teodoro presso il Velabro, ove sorge tuttora l’arco di Giano, qui si arrivava a Roma se si proveniva dall’Etruria in particolare da Tarquinia. Descritto dagli storici come una vera e propria Via dei Profumieri, citato anche come Vicus unguentarius per via delle tante botteghe, laboratori medici e cosmetici gestiti da famiglie etrusche. Grazie agli storici è noto che nella Roma antica i cosmetici più raffinati e ricercati erano quelli creati nel Vicus Tuscus dai profumieri etruschi che importavano essenze preziose dalla Magna Grecia, dall’ Egitto, da Cipro, creando miscele di erbe selvatiche, di numerose varietà di fiori, mischiati con olio di oliva, spremiture di uva acerba, miele, farina di vari semi, grassi animali, latte e argille termali. Non c’era ricca matrona romana che non frequentasse questo luogo per farsi creare la crema adatta al suo problema, o il profumo personalizzato. Le varie formulazioni, con una base di spremitura di olio di olive verdi (onfacio), erano aromatizzate con rosa centifolia, salvia, mirto, rosmarino, iperico, lavanda, elicriso, melissa, cisto; molti semi, tra cui il lino o la canapa sativa, con essenza di rosa damascena, miscelati con resine di mirra, ambra, cera d’api e molte altre essenze nonché prodotti derivati dagli animali, come il latte d’asina, che andavano a creare le creme di bellezza. Come ci riferisce Plinio il Vecchio, descrivendo le virtù di questo latte per le rughe del viso, Cleopatra, regina dell’Antico Egitto soleva immergersi nel latte d’asina per mantenere intatta la sua avvenenza e conservare lo splendore della propria pelle. Siriporta che occorressero ben 700 asine per fornirle la quantità di latte necessaria ai suoi bagni di bellezza quotidiani. Si tramanda che anche Poppea, seconda moglie dell’imperatore romano Nerone, facesse mungere trecento asine ogni giorno per riempire la sua vasca da bagno e che una mandria di asine l’accompagnasse sempre nei suoi viaggi. Oltre a farci il bagno, la bellissima matrona Poppea usava il prezioso latte, impastato con mollica di pane, per la maschera che ogni sera applicava sul viso.